Onorevoli Colleghi! - Nonostante i circa 8.600 chilometri di sviluppo costiero che pongono l'Italia al primo posto tra i Paesi del Mediterraneo nel rapporto costa /territorio, nel nostro Paese la coscienza ambientale riferita ai sistemi costieri è piuttosto bassa. Se si eccettuano i programmi di sviluppo edilizio selvaggio, o l'indiscriminato uso della risorsa costa /mare a fini economici, certamente non indirizzati a un'ottica di sviluppo sostenibile, in Italia la zona costiera si può considerare quasi «terra di nessuno».
      Questo in parte per la potestà su di essa esercitata dallo Stato nel corso dell'ultimo secolo tramite una struttura militare, quindi non tesa allo sviluppo, ma alla mera conservazione del bene e spesso in modo alquanto miope. D'altro canto gli enormi interessi economico-turistico-industriali accumulatisi sulla fascia costiera dagli anni cinquanta in avanti hanno portato lo Stato e gli enti locali a una politica urbanistica di laissez faire.
      Certamente la centralità dell'educazione ambientale e per conseguenza la diffusione della crescita di coscienza ambientale sul territorio sono elementi irrinunciabili per giungere a un uso sostenibile delle risorse costiere e marine, senza sperequarne le potenzialità e senza strangolare l'economia delle regioni.
      I Musei del mare sono, dal punto di vista della relazione mare/coste/ambiente antropico, certamente emblematici e costituiscono un interessantissimo laboratorio di studio delle possibilità per il futuro e di lezioni da apprendere dal passato.
      Attualmente sono pochi in Italia i centri presso i quali il pubblico può

 

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ottenere informazioni sugli ambienti marini e costieri. Forse vale la pena di ricordare l'acquario di Genova, gli acquari civici di Livorno e di Messina, la stazione zoologica di Napoli, l'acquario civico di Trieste, i musei del mare di San Benedetto del Tronto, delle riserve marine di Miramare e di Pioppi (Salerno) nel Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano.
      Una così sparuta presenza sul territorio a fronte di una così estesa linea di costa è sicuramente un indicatore lapalissiano della bassa coscienza nel settore.
      Inoltre la maggior parte di tali strutture, con solo alcuni lodevoli punti di eccellenza, offre ridotte cognizioni sulla fauna e sulla flora marine e parte di esse adottano criteri espositivi legati a tradizioni museali ormai superate.
      Infine, ben poco spazio è concesso a quelle che sono le tradizionali attività dell'uomo sul mare e sulle coste, contribuendo così ad accrescere lo iato esistente tra il mare e la popolazione.
      Un esempio interessante che vale la pena di approfondire a riguardo è quello del Museo del mare di Seattle (Stati Uniti), dove, accanto a sezioni di grande approfondimento tematico degli aspetti biologici e naturalistici marini e costieri, si dà grande spazio alle sezioni educative relative alle attività dell'uomo nei vari settori che interessano le coste: pesca, turismo, trasporto merci via mare e via terra, filiere produttive.
      La presente proposta di legge cerca di dare una risposta alle numerose richieste di informazione sullo stato delle conoscenze riguardanti il mondo marino e i suoi problemi che da molte parti d'Italia si alzano su tale settore del patrimonio naturalistico e ambientale, costituendo inoltre i Musei del mare un ulteriore possibile volano turistico ed economico per uno sviluppo sostenibile del territorio costiero italiano.
 

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